
The Great Reset
I globalisti vogliono
resettare l’economia post-Covid
Lo chiamano “The Great Reset”.
Vogliono “re-immaginare” il mondo a cominciare dall’economia, approfittando
perciò della finestra di opportunità offerta dalla pandemia da COVID-19. Vi sono
coinvolti tutti i “big” della finanza e della politica internazionale. E anche
Papa Francesco vorrebbe dare il suo contributo nel prossimo incontro d’Assisi.
“Nulla sarà più come prima”:
quante volte l’abbiamo sentito nell’apice della pandemia di COVID-19? Il mondo
“post-COVID”, ha ribadito l’establishment politico-mediatico, dovrebbe trovare
una “nuova normalità”. E questo è davvero ciò che sta accadendo: i viaggi
facili, le relazioni interpersonali calorose, i grandi incontri, le libertà
individuali e persino le semplici strette di mano sembrano dover lasciare il
posto al distanziamento sociale a lungo termine, a delle regole schizzinose ed
a una sorveglianza potenzialmente drastica. Ma questa è solo una parte del
quadro. Il World Economic Forum – quello dei famosi incontri globali
di Davos – in collaborazione con il Principe Carlo d’Inghilterra e il Fondo
Monetario Internazionale, ha lanciato un’iniziativa che rivela già da ora
alcuni obiettivi, la cui realizzazione viene facilitata dalla grande paura del
coronavirus cinese. Battezzata “The Great Reset” (il Grande Reset),
tale iniziativa cercherà di “ricostruire” il sistema economico e sociale
globale al fine di renderlo più “sostenibile”.
Questo cambiamento da cima a
fondo è presentato come necessario a causa del crollo dell’economia mondiale, a
sua volta conseguenza del lockdown generale. In un breve video su YouTube i
suoi stessi promotori presentano l’idea, che ha ricevuto il pieno sostegno del
segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, ex presidente
dell’Internazionale socialista dal 1999 al 2005.
“The
Great Reset”: un’impresa fondamentalmente rivoluzionaria
Tecnicamente, un reset è un
re-inizio: nel linguaggio dei computer, la parola significa cancellare tutto il
software e i dati da un disco rigido per riformattarlo al fine di una nuova
partenza. Trasposto all’attività umana, il reset, la ripartenza, significa in
modo molto preciso una rivoluzione: un ritorno alle origini, una trasformazione
profonda di tutto ciò che fino ad allora era stato, si faceva e si pensava
comunemente. “Del passato facciamo piazza pulita!”.
È da decenni che il World
Economic Forum, fondato dal professor Klaus Schwab nel 1971, riunisce ogni anno
capi di Stato, miliardari e grandi leader aziendali per riflettere sulle
questioni economiche e di “governance”, come si suol dire. Si tratta di
lavorare per il raggiungimento di un obiettivo comune: l’estensione del libero
commercio mondiale, l’istituzione di regole mondiali comuni in modo da
sostituire il processo decisionale sovrano a livello di nazioni o, addirittura,
la promozione della non discriminazione “per trasformare le economie e le
società”, come affermano gli stessi organizzatori degli incontri di Davos.
Il
World Economic Forum organizza la governance mondiale a Davos
Per molto tempo, gli incontri
annuali di Davos si sono svolti in modo molto discreto, se non segreto. Questo
è cambiato lentamente, poiché gli obiettivi del World Economic
Forum sono entrati negli usi politici e mediatici: l’agenda e l’elenco dei
partecipanti degli incontri principali, alcuni dei quali regionali, che si
tengono in altri periodi dell’anno, in particolare in Cina, sono ora
disponibili online, anche se si dice che molti dibattiti e processi decisionali
si svolgono al di fuori delle conferenze e delle riunioni trasmesse su
Internet. L’edizione 2021, dedicata alla “grande ripartenza”, promette di
essere molto diversa. Mentre un incontro fisico avrà luogo come al solito nella
stazione sciistica svizzera di Davos (nessuno entra a Davos al momento del
Forum senza un invito ufficiale) questa volta verrà organizzata una
partecipazione online mondiale per un forum virtuale che riunirà molti
“detentori di azioni” a livello internazionale (gli “azionisti” di cui
parleremo di seguito) e in particolare i giovani. Si dice che questi abbiano
già una voce decisiva per il mondo futuro. Tutto ciò profuma di “dinamiche di
gruppo” a tutta velocità.
I
dialoghi del grande reset economico e planetario
Nei mesi che ci separano
dall’incontro di Davos a gennaio, i preparativi per l’evento sono programmati
attraverso: “I dialoghi del grande reset” («The Great Reset
Dialogues»). “Una serie d’incontri virtuali su Internet che promettono di
essere molto interessanti, dal momento che ci permetterà di sapere più precisamente
come i globalisti del World Economic Forum vogliono rimodellare il futuro”.
Globalisti lo sono davvero
giacché è così che si presentano i promotori dell’iniziativa. Basti un esempio:
il primo ministro etiope Abiy Ahmed, che ha partecipato alla prima
presentazione pubblica dell’iniziativa sotto l’egida del World Economic Forum,
ha detto: “Considero questa dolorosa pandemia globale come una sfida
complessa ed in evoluzione. In un mondo connesso e interdipendente, una sfida
complessa e mutevole non può essere affrontata dai singoli paesi se non
attraverso … una azione collettiva e una cooperazione globale”.
Economia
verde, decarbonizzazione, lotta alla disuguaglianza: il Grande Reset è già
pronto
Ciò corrisponde perfettamente
al desiderio di Antonio Guterres di vedere il 10% del PIL del pianeta
utilizzato a livello internazionale per rispondere alle ricadute economiche e
sanitarie della pandemia di COVID-19 con soluzioni “globali”, allo scopo di una
rinascita della società, come afferma egli stesso.
A pensarci bene ciò che già
sappiamo dell’iniziativa “Great Reset” del World Economic Forum,
nata dalla piattaforma d’azione COVID dello stesso forum, sembrerebbe che i
giochi siano già fatti. “Economia verde”, “decarbonizzazione”, “lotta contro le
disuguaglianze”, “capitalismo degli azionisti («stakeholder capitalism»),
obiettivi di sviluppo sostenibile (gli SDG delle Nazioni Unite per il 2030)
sono termini ricorrenti nella letteratura del Forum di Davos che presenta
l’iniziativa. Nessuno di questi termini è nuovo od originale: in effetti,
l’unica cosa che ha cambiato la situazione è la pandemia (e il lockdown da essa
originato), usato ora come motore per il cambiamento. In questo caso, non è la
malattia ad essere adoperata come leva, bensì il crollo economico globale che
l’ha accompagnata “grazie” al lockdown.
Per quanto riguarda il Reset
stesso, se ne stava già parlando prima che il coronavirus cinese lasciasse
Wuhan. Il 30 dicembre 2019, ad esempio, il Financial Times aveva pubblicato una
presentazione su YouTube dal titolo “Perché il capitalismo deve essere
resettato nel 2020”. Il tema era il “capitalismo degli azionisti”, in base al
quale “le scelte di un’azienda nei confronti delle persone, del pianeta e
dell’innovazione – compreso il modo in cui protegge e applica il valore
aggiunto dei suo dati – deve prendere più spazio nelle decisioni di allocazione
del capitale” (questa è la descrizione fornita dal sito weforum.org).
Ma ora è il COVID-19 a rendere
possibile il precipitare in questa rivoluzione.
Principe
Carlo: “Un’occasione d’oro”
Presentando la Great Reset
Initiative, di cui è uno dei principali promotori, il principe Carlo
d’Inghilterra sembra addirittura abbastanza soddisfatto della
situazione: “Abbiamo una occasione d’oro per ottenere qualcosa di buono da
questa crisi. Le sue onde d’urto senza precedenti potrebbero rendere le persone
più ricettive alle grandi visioni del cambiamento”, ha affermato. Lo shock e la
grande paura globale sono davvero potenti motori. Tra le citazioni chiave
dell’incontro virtuale online in cui il presidente del World Economic
Forum, il professor Klaus Schwab, il principe Carlo e molti altri hanno
presentato l’iniziativa Great Reset, ci sono molte osservazioni del genere.
Dichiarando che il “cambiamento climatico” rappresentava un pericolo ben più
grande della pandemia di coronavirus, il principe Carlo ha chiesto una “ripresa
verde”: “Questa è un’opportunità che non abbiamo mai avuto prima e che
potremmo non avere mai più”, ha detto. Usando i pronomi femminili per riferirsi
a “la Pianeta”, che in inglese equivale a dargli personalità, Carlo ha
aggiunto: “Le nostre attività hanno danneggiato il suo sistema
immunitario”.
Il
fondatore del Forum di Davos vuole un “nuovo contratto sociale”
Schwab ha definito la
situazione attuale una “finestra di opportunità unica”. Dobbiamo “costruire un
nuovo contratto sociale”, ha dichiarato. “Dobbiamo cambiare le nostre
mentalità” e i nostri “stili di vita”.
Sarà un remake della
Rivoluzione francese che affermava, con Jean-Jacques Rousseau, che l’uomo è
nato naturalmente buono ma che è corrotto dalla società e che la società stessa
deve derivare da un “contratto sociale “in cui le leggi e le norme morali non
devono nulla alla legge naturale o divina e tutto alla “volontà generale “?
Quello che sappiamo è che nel nome di questa “volontà generale” abilmente
guidata, finiamo nelle peggiori tirannie …
Uno dei principali obiettivi
del “Grande Reset” è “ridurre le disuguaglianze”, ovvero “ridistribuire la
ricchezza”. Questa idea dà per scontato che la disuguaglianza è di per sé un
male. Parlando all’incontro virtuale che annuncia il Grande Reset, Antonio
Guterres ha dichiarato a nome delle Nazioni Unite che la crisi COVID-19
dovrebbe motivare una risposta ai “livelli insostenibili di disuguaglianza e all’anarchia
del cyberspazio”.
La tasse sul carbonio e la
promozione delle energie rinnovabili sono già in cima all’agenda del Great
Reset. Antonio Guterres ha citato la necessità di “arrivare a zero emissioni” e
di attuare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (OSS).
Questi OSS, rafforzati dai loro presupposti socialisti di ridistribuzione
planetaria della ricchezza e dall’eco-radicalismo, chiedono in particolare
“l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti
riproduttivi”.
Nel linguaggio delle Nazioni
Unite, tutto ciò include la contraccezione e l’aborto, anche perché la
popolazione umana è vista come il principale nemico della natura e della
“biodiversità”.
La
bulgara Kristalina Georgieva
L’amministratore delegato
dell’FMI Kristalina Georgieva, cresciuta nella Bulgaria comunista, ha promosso
lo stesso approccio “verde”. Mentre il FMI deve fornire aiuti di emergenza di
circa 100 miliardi di dollari per via della crisi economica prodotta dal
coronavirus e “170 paesi” dovrebbero finire il 2020 con un’economia in calo
rispetto all’inizio dell’anno, la signora Georgieva ha dichiarato:
“Stiamo assistendo a una
massiccia iniezione di stimoli fiscali … Ma è essenziale che questo porti, in
futuro, a un mondo più verde, più giusto e più intelligente”.
In altre parole, gli aiuti
finanziari dovrebbero essere utilizzati e distribuiti in modo da promuovere le
imprese ecologicamente corrette. Il nuovo amministratore delegato del FMI (ha
sostituito Christine Lagarde alla fine del 2019, grazie all’appoggio di
Emmanuel Macron) ha aggiunto che devono esserci “incentivi per ridurre le
emissioni di carbonio”, sfruttando “i bassi prezzi del petrolio” per
aggiungere “un prezzo di carbone incentivante”. “Abbiamo bisogno di un Great
Reset, non di un grande passo indietro”, ha concluso.
La
Cina comunista in prima fila per la grande ripartenza
Forse il relatore più noto alla
presentazione virtuale del Great Reset è stato Ma Jun, del Comitato
Finanziario Verde cinese (sempre Partito Comunista Cinese). È anche consigliere
speciale del governatore della Banca popolare cinese, controllato dal PCC e,
prima del suo intervento alla presentazione del Great Reset, è stato introdotto
come “membro del CNP” – il Congresso Nazionale del Popolo. Teoricamente, questo
sarebbe la massima autorità politica in Cina, ma funge piuttosto da registro
dei desideri del presidente Xi Jinping e del Partito Comunista, onnipresente in
tutte le pieghe del potere.
Ma Jun ha insistito sul fatto
che la ripresa post-COVID deve essere “più ecologica di tutte le precedenti
riprese”, grazie al finanziamento di “progetti verdi” che devono raggiungere
una proporzione “più elevata di quanto non sia mai stato nel corso della
storia”.
Ma ha anche detto che “la
ripresa dei consumi deve essere verde”. “I candidati potrebbero redigere
un elenco di beni di consumo verdi e questi devono avere la priorità
nell’elenco dei sussidi e dei buoni pasto”, ha suggerito.
Facendo notare che molti
lavoratori migranti hanno perso il lavoro in Cina durante la pandemia, ha
aggiunto: “Invece di pagare loro i sussidi di disoccupazione, dovremmo
chiedergli di piantare alberi e pagarli per questo”.
Per quanto riguarda i progetti
che non sarebbero in se stessi “verdi”, Ma Jun auspica che siano soggetti a
“nuovi regolamenti”, per obbligarli a rispettare “rigorosi standard
ambientali”, che passerebbero in particolare da un nuovo obbligo vincolante di
“pubblicazione di informazioni” sulla loro conformità a tali standard.
Ricordiamo che queste
raccomandazioni sono state fatte da Ma Jun non solo per la Cina (che è il più
grande emissore di carbonio al mondo con nuove centrali elettriche alimentate a
carbone in programma fino al 2030), ma per tutto il mondo.
Ma Jun ha fatto eco al
desiderio di Bernard Looney, Amministratore Delegato di British Petroleum, che
nella stessa conferenza virtuale ha affermato che “qualsiasi ripresa
dovrebbe essere accompagnata da condizioni ecologiche”. Ciò equivarrà a far
morire molte aziende che non rispondono a queste condizioni, dopo essere state
gravemente colpite dal lockdown.
Del resto, Looney ammira la
Cina: “La ripartenza cinese potrebbe essere la locomotiva che ci
permetterà di uscire dalla crisi”, ha detto.
Il
globalismo post-Covid brucia incenso all’ideologia di genere
Tornando alle pubblicazioni
del World Economic Forum sulla crisi COVID-19 e sulla giusta maniera
per uscirne, non va dimenticato che anche l’ideologia gender fa parte del
pacchetto eco-socialista. In un articolo di John Miller intitolato “The Big
Reset: perché l’inclusione LGBT+ è il segreto di città che hanno successo dopo
la pandemia”, weforum.org ci assicura che “esiste una forte correlazione
positiva tra l’inclusione di LGBT+ e la resilienza economica”. “In particolare,
le città che abbracciano la diversità possono raccogliere un ‘dividendo
d’inclusione’ quando iniziano a ricostruire le loro economie”, ha affermato il
commentatore.
Mentre la crisi “minaccia di
spazzare via decenni di progresso nella lotta alla povertà”, la tribuna di
Davos afferma che “l’inclusione delle persone LGBT” consentirà una ripresa più
rapida, citando “Open for Business”, una coalizione di aziende che
promuovono “l’uguaglianza LGBT+”.
“Questo è un risultato
significativo: un aumento di un punto dell’accettazione sociale porterebbe ad un
aumento di tre punti dell’indice di resilienza economica di questa economia,
anche rispetto al PIL pro capite. L’inclusione degli LGBT+ potrebbe essere un
ingrediente segreto della resilienza economica?” si chiede John Miller e
suggerisce che la “apertura” e la “innovazione” sono legate all’accettazione di
stili di vita omosessuali e transessuali.
“È tempo di abbracciare le
comunità LGBT+, non di stigmatizzarle. Costruire società inclusive non è solo
la cosa giusta da fare; come dimostrano i fatti, è una parte importante di una
strategia economica incentrata sulla resilienza e sulla ripresa”, ha concluso.
Questo è un chiaro esempio di ciò che la crisi COVID-19 serve a promuovere.
Di Jeanne Smits
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