... La narrazione
mediatica
Se guardiamo a
quanto accade in Ucraina, senza lasciarci trarre in errore dalle macroscopiche
falsificazioni dei media mainstream,
ci rendiamo conto che il «rispetto dei reciproci diritti» è stato completamente
ignorato; si ha anzi l’impressione che l’Amministrazione Biden, la NATO e
l’Unione Europea vogliano deliberatamente mantenere una situazione di palese
squilibrio, proprio per rendere impossibile ogni tentativo di composizione
pacifica della crisi ucraina, provocando la Federazione Russa per scatenare un
conflitto. Qui sta la gravità del problema. Questa la trappola tesa tanto alla
Russia quanto all’Ucraina, usando entrambe per consentire all’élite globalista
di portare a compimento il suo piano criminale.
Non ci si
stupisca se il pluralismo e la libertà di parola, tanto decantati nei Paesi che
si dichiarano democratici, vengano quotidianamente sconfessati dalla censura e
dall’intolleranza nei confronti delle opinioni non allineate alla narrazione
ufficiale: manipolazioni di questo genere sono diventate la norma, durante la
cosiddetta pandemia, ai danni di medici, scienziati e giornalisti dissenzienti,
che sono stati screditati e ostracizzati per il solo fatto di aver osato
mettere in dubbio l’efficacia dei sieri sperimentali. A distanza di due anni,
la verità sugli effetti avversi e sulla sciagurata gestione dell’emergenza sanitaria
dà loro ragione, ma viene ignorata ostinatamente perché non corrisponde a ciò
che il sistema ha voluto e vuole ancora oggi.
Se i media
mondiali hanno potuto finora mentire spudoratamente su una questione di stretta
pertinenza scientifica, divulgando menzogne e nascondendo la realtà, dovremmo
chiederci per quale motivo, nella situazione presente, dovrebbero
improvvisamente ritrovare quell’onestà intellettuale e quel rispetto del codice
deontologico ampiamente rinnegati con la Covid.
Ma se questa colossale frode è stata assecondata e divulgata dai media, va riconosciuto che le istituzioni sanitarie nazionali e internazionali, i governi, i magistrati, le forze dell’ordine e la stessa Gerarchia cattolica si sono resi responsabili – ciascuno nel proprio ambito con azioni di sostegno o con l’omissione di interventi di contrasto – del disastro che ha colpito miliardi di persone nella loro salute, nei loro beni, nell’esercizio dei loro diritti e addirittura nella loro stessa vita. Anche in questo caso, risulta difficile immaginare che chi si è macchiato di tali crimini per una pandemia voluta e amplificata dolosamente possa oggi avere un sussulto di dignità e mostrare sollecitudine verso i propri cittadini e la propria Patria quando una guerra minaccia la loro sicurezza e la loro economia.
Queste, ovviamente, possono essere le prudenti
riflessioni di chi vuole mantenersi neutrale e guarda con distacco e quasi
disinteresse a quanto gli accade intorno. Ma se solo si approfondisce la
conoscenza dei fatti e ci si documenta con fonti autorevoli e oggettive, si
scopre che dubbi e perplessità diventano presto inquietanti certezze.
Anche a voler
solo limitare la propria indagine all’aspetto economico, si comprende che
l’informazione, la politica e le stesse istituzioni pubbliche dipendono da un
ristretto numero di gruppi finanziari facenti capo ad un’oligarchia che,
significativamente, è unita non solo dal denaro e dal potere, ma
dall’appartenenza ideologica che ne orienta l’azione e le interferenze nella
politica delle Nazioni e del mondo intero. Questa oligarchia mostra i propri
tentacoli nell’ONU, nella NATO, nel World
Economic Forum, nell’Unione Europea e in istituzioni “filantropiche”
quali la Open Society di
George Soros e la Bill &
Melinda Gates Foundation.
Tutti questi
soggetti sono privati e non rispondono a nessuno se non a se stessi, e al tempo
stesso hanno il potere di influenzare i governi nazionali, anche tramite i
propri esponenti fatti eleggere o nominare in posti chiave. Lo ammettono loro
stessi, ricevuti con tutti gli onori dai Capi di governo e dai leader mondiali,
ad iniziare dal Presidente del Consiglio Mario Draghi (qui) e da questi
ossequiati e temuti come i veri padroni delle sorti del mondo. Così, chi
detiene il potere in nome del
popolo sovrano, si trova a calpestarne la volontà e limitarne i diritti,
per obbedire come un cortigiano a personaggi che nessuno ha eletto, e che pure
dettano l’agenda politica ed economica alle Nazioni.
Veniamo dunque
alla crisi ucraina, che ci viene presentata come conseguenza dell’arroganza
espansionista di Vladimir Putin nei confronti di uno Stato indipendente e
democratico sul quale egli rivendicherebbe assurdi diritti. Il “guerrafondaio
Putin” starebbe massacrando la popolazione inerme, insorta coraggiosamente per
difendere il patrio suolo, i sacri confini della Nazione e le libertà
conculcate dei cittadini. L’Unione Europea e gli Stati Uniti, “difensori della
democrazia”, non potrebbero dunque non intervenire, tramite la NATO, per
ripristinare l’autonomia dell’Ucraina, scacciare “l’invasore” e garantire la
pace. Dinanzi alla “prepotenza del tiranno”, i popoli dovrebbero fare fronte
comune, comminando sanzioni alla Federazione Russa e inviando soldati,
armamenti e aiuti economici al “povero” presidente Zelenskyj, “eroe nazionale”
e “difensore” del suo popolo. A comprova della “violenza” di Putin, i media
diffondono le immagini di bombardamenti, rastrellamenti, distruzioni
attribuendone alla Russia la responsabilità. Anzi: proprio a garantire una
“pace duratura”, l’Unione Europea e la NATO accolgono a braccia aperte
l’Ucraina tra i loro membri. E per impedire la “propaganda sovietica”, l’Europa
oscura Russia Today e Sputnik, assicurando che
l’informazione sia “libera e indipendente”.
Questa è la
narrazione ufficiale, alla quale si conformano tutti; essendo in guerra, il
dissenso diventa immediatamente diserzione, e chi dissente è colpevole di
tradimento e meritevole di sanzioni più o meno gravi, ad iniziare dalla
pubblica esecrazione e dall’ostracismo, ben sperimentate con la Covid nei
riguardi dei “no-vax”. Ma la verità, se la si vuole conoscere, permette di
vedere le cose in modo diverso e di giudicare i fatti per quello che sono e non
per come ci vengono presentati. Si tratta di un vero e proprio svelamento, come indica l’etimologia
della parola greca ἀλήθεια. O
forse, con uno sguardo escatologico, di una rivelazione, una ἀποκάλυψις.
L’espansione
della NATO
Anzitutto occorre
ricordare i fatti, che non mentono e non sono suscettibili di alterazione. E i
fatti, per quanto fastidiosi da ricordare a chi cerca di censurarli, ci dicono
che sin dalla caduta del Muro di Berlino gli Stati Uniti hanno esteso la
propria sfera di influenza politica e militare a quasi tutti gli Stati
satelliti dell’ex-Unione Sovietica: anche recentemente, annettendo nella NATO
Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria (1999), Estonia, Lettonia, Lituania,
Slovenia, Slovacchia, Bulgaria e Romania (2004), Albania e Croazia (2009),
Montenegro (2017), Macedonia del Nord (2020). L’Organizzazione del Trattato
dell’Atlantico del Nord si appresta ad allargarsi a Ucraina, Georgia, Bosnia ed
Erzegovina, Serbia. In pratica, la Federazione Russa si trova sotto la minaccia
militare – armi e basi missilistiche – a pochi chilometri dal proprio confine,
mentre non dispone di alcuna base militare altrettanto vicina agli Stati Uniti.
Prendere in
considerazione l’allargamento della NATO all’Ucraina, senza suscitare le
legittime proteste della Russia, è a dir poco sconcertante, specialmente in
considerazione del fatto che la NATO si era impegnata con il Cremlino, nel
1991, a non espandersi ulteriormente. Non solo: alla fine 2021, Der Spiegel ha pubblicato le
bozze di un trattato con gli Stati Uniti e un accordo con la NATO sulle
garanzie di sicurezza (qui, qui e qui); Mosca
chiedeva ai suoi partner occidentali garanzie legali che scongiurassero
un’ulteriore espansione verso est della NATO, unendo al blocco l’Ucraina e
stabilendo basi militari nei Paesi post-sovietici. Le proposte contenevano
anche una clausola sul non dispiegamento di armi d’attacco della NATO vicino ai
confini della Russia e sul ritiro delle forze dell’alleanza nell’Europa
orientale alle posizioni del 1997.
Come si vede,
la NATO è venuta meno ai suoi impegni o ha quantomeno forzato la situazione in
un momento delicatissimo per gli equilibri geopolitici. Dovremmo chiederci per
quale motivo gli Stati Uniti – o meglio: il deep state americano, che ha ripreso il potere dopo i
brogli elettorali che hanno portato Joe Biden alla Casa Bianca – vogliano
creare tensioni con la Russia e coinvolgere nel conflitto i propri partner
europei, con tutte le conseguenze che possiamo immaginare.
Come ha
osservato lucidamente il generale Marco Bertolini, ex comandante del Comando
Operativo di Vertice Interforze: «Gli Stati Uniti non si sono limitati a
vincere la Guerra Fredda ma l’hanno anche voluta umiliare [la Russia]
prendendole tutto quello che in un certo senso rientrava nella sua area di
influenza. [Putin] ha sopportato con i Paesi Baltici, la Polonia, la Romania e
la Bulgaria: di fronte all’Ucraina che gli avrebbe tolto ogni possibilità di
accedere al Mar Nero, ha reagito» (qui). E aggiunge:
«C’è un problema di tenuta del regime, si è creata una situazione con un primo
ministro abbastanza improbabile [Zelenskyj], uno che viene dal mondo dello
spettacolo». Il generale non manca di ricordare, nel caso di un attacco degli
Stati Uniti alla Russia, che «i Global Hawk che volano sull’Ucraina partono da
Sigonella, l’Italia è una base militare americana in larga parte. Il rischio
c’è, è presente e reale» (qui).
Interessi
derivanti dal blocco delle forniture di gas russo
Dovremmo
parimenti domandarci se, dietro la destabilizzazione dei delicati equilibri tra
Unione Europea e Russia, non vi siano anche interessi economici, derivanti
dalla necessità dei Paesi UE di approvvigionarsi di gas liquido americano (per
il quale occorrono peraltro i rigassificatori di cui molti Stati sono privi e
che comunque dovremmo pagare molto più caro) al posto di quello russo (più
ecologico).
Anche la
decisione dell’ENI di sospendere gli investimenti nel gasdotto Blue Stream di
Gazprom (dalla Russia alla Turchia) comporta la privazione di un’ulteriore
fonte di approvvigionamento, dal momento che esso alimenta la Trans Atlantic
Pipeline (dalla Turchia all’Italia).
Non suona
quindi casuale se, nell’agosto 2021, Zelenskyj ha dichiarato di considerare il
gasdotto Nord Stream 2 tra Russia e Germania come «un’arma pericolosa, non solo
per l’Ucraina ma per l’intera Europa» (qui): aggirando
l’Ucraina, priva Kiev di circa un miliardo di euro all’anno di introiti da
tariffe di transito. «Consideriamo questo progetto esclusivamente attraverso il
prisma della sicurezza e lo consideriamo una pericolosa arma geopolitica del
Cremlino», ha detto il Presidente ucraino, concordando con l’amministrazione
Biden. Il Sottosegretario di Stato, Victoria Nuland, ha affermato: «Se la
Russia invaderà l’Ucraina, il Nord Stream 2 non andrà avanti». E così è stato,
non senza gravi danni economici per gli investimenti tedeschi.
I laboratori
virologici del Pentagono in Ucraina
Sempre a
proposito di interessi americani in Ucraina, vanno menzionati i laboratori
virologici dislocati nel Paese, sotto il controllo del Pentagono e dove sembra
siano esclusivamente impiegati specialisti statunitensi con immunità
diplomatica alle dirette dipendenze del Ministero della Difesa americano.
Andrebbe
ricordata anche la denuncia fatta da Putin relativa alla raccolta dei dati
genomici della popolazione, utilizzabile per le armi batteriologiche a
selezione genetica (qui, qui e qui). Le
informazioni sull’attività dei laboratori in Ucraina sono ovviamente
difficilmente confermabili, ma è comprensibile che la Federazione Russa abbia
ritenuto, non senza motivo, che potessero costituire un’ulteriore minaccia
batteriologica alla sicurezza della popolazione. L’Ambasciata statunitense ha provveduto
a rimuovere dal proprio sito tutti i file relativi al Biological Threat Reduction Program (qui).
Scrive Maurizio
Blondet: «All’Event 201, che
simulò l’esplosione pandemica un anno prima che avvenisse, partecipava (coi
soliti Bill e Melinda) l’apparentemente inoffensiva John Hopkins University con
un suo benedicente Center for
Health Security. La umanitaria istituzione ha avuto per lungo tempo un
nome meno innocente: si chiamava Center
for Civilian Biodefence Strategies e non s’occupava della sanità
degli Americani, ma del suo contrario; la risposta ad attacchi bellici di
bio-terrorismo. Era praticamente un’organizzazione civile-militare, che quando
fa il suo primo convegno nel febbraio 1999 a Crystal City di Arlington, dove
sorge il Pentagono, riunisce per una esercitazione-simulazione 950 medici,
militari, funzionari federali e quadri della sanità. Scopo della simulazione,
contrastare un fantomatico attacco di vaiolo “militarizzato”. È solo la prima
delle esercitazioni che sboccheranno in Event 201 e nella Impostura Pandemica» (qui).
Emergono anche
esperimenti sui militari ucraini (qui) e interventi
dell’Ambasciata americana presso il Procuratore ucraino Lutsenko nel 2016
perché non indagasse su «un giro miliardario di fondi tra G. Soros e B. Obama»
(qui).
Una minaccia
indiretta per le mire espansioniste cinesi su Taiwan
L’attuale crisi
ucraina comporta conseguenze secondarie, ma non per questo meno gravi, sugli
equilibri geopolitici tra Cina e Taiwan. La Russia e l’Ucraina sono gli unici
produttori di palladio e neon, indispensabili per la produzione di microchip.
«La possibile
ritorsione di Mosca ha attirato maggiore attenzione negli ultimi giorni dopo
che il gruppo di ricerche di mercato Techcet, ha pubblicato un rapporto che
evidenzia la dipendenza di molti produttori di semiconduttori da materiali di
origine russa e ucraina come neon, palladio e altri. Secondo le stime di
Techcet, oltre il 90% delle forniture statunitensi di neon per semiconduttori
proviene dall’Ucraina, mentre il 35% del palladio statunitense proviene dalla
Russia. […] Secondo la US
International Trade Commission, i prezzi del neon sono aumentati del
600% prima dell’annessione della penisola di Crimea […] da parte della Russia
nel 2014, poiché le aziende di chip facevano affidamento su alcune società
ucraine» (qui).
«Se è vero che
un’invasione cinese di Formosa metterebbe a rischio la filiera tecnologica
globale, è vero anche che un’improvvisa carenza di materie prime dalla Russia
potrebbe fermare la produzione, di modo da far perdere all’isola lo “scudo del
microchip” e indurre Pechino a tentare l’annessione di Taipei».
Il conflitto di
interessi dei Biden in Ucraina
Un altro tema
che si tende a non analizzare approfonditamente è quello relativo alla Burisma,
un’azienda produttrice di petrolio e gas, operante sul mercato ucraino dal
2002. Ricordiamo che «durante la presidenza americana di Barack Obama (dal 2009
al 2017) il braccio destro con una “delega” sulla politica internazionale era
proprio Joe Biden ed è da allora che data la “protezione” offerta dal leader
democratico USA ai nazionalisti ucraini, una linea che ha creato il dissidio
insanabile tra Kiev e Mosca. […] È stato Joe Biden in quegli anni a portare
avanti la politica di avvicinamento dell’Ucraina alla Nato. Voleva togliere
potere politico ed economico alla Russia. […] Negli ultimi anni inoltre il nome
di Joe Biden è stato associato anche a uno scandalo sull’Ucraina che aveva
fatto vacillare anche la sua candidatura. […] Siamo ad aprile 2014 quando la
Burisma Holdings, la maggiore compagnia energetica dell’Ucraina (attiva sia su
gas che petrolio), assume per una consulenza proprio Hunter Biden, […] con uno
stipendio di 50mila dollari al mese. Tutto trasparente, se non fosse che
durante quei mesi Joe Biden ha proseguito la politica americana volta a far
riprendere il possesso da parte dell’Ucraina di quelle zone del Donbass ora
divenute Repubbliche riconosciute dalla Russia. La zona di Donetsk è ritenuta
ricca di giacimenti di gas non ancora esplorati finiti nel mirino della Burisma
Holdings. Una politica internazionale intrecciata a quella economica che ha
fatto storcere il naso anche ai media americani in quegli anni» (qui).
I Democratici
sostennero che Trump aveva creato uno scandalo mediatico per nuocere alla
campagna elettorale di Biden, ma le sue accuse si sono poi rivelate vere. Lo
stesso Joe Biden, durante un incontro al Council for Foreign Relations dei Rockefeller, ha ammesso
di essere intervenuto sull’allora Presidente Petro Poroshenko e sul Primo
Ministro Arsenij Yatseniuk per impedire indagini sul figlio Hunter da parte del
Procuratore Generale Viktor Shokin. Biden aveva minacciato «di trattenere una
garanzia di prestito di un miliardo di dollari negli Stati Uniti durante un
viaggio di dicembre 2015 a Kiev», riferisce il New York Post (qui). «Se il
magistrato non verrà licenziato, non avrete i soldi» (qui e qui). E il
Procuratore fu effettivamente licenziato, salvando Hunter da un ulteriore
scandalo, dopo quelli che lo avevano coinvolto.
L’interferenza
di Biden nella politica di Kiev, in cambio di favori alla Burisma e agli
oligarchi corrotti, conferma tutto l’interesse dell’attuale Presidente degli
Stati Uniti di proteggere la propria famiglia e la propria immagine,
alimentando il disordine in Ucraina e addirittura una guerra. Come può
governare con onestà e senza essere soggetto al ricatto una persona che si avvale
del proprio ruolo per curare i propri affari e insabbiare i reati dei suoi
famigliari?
Per essere continuato ...
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